Dall’est della Libia fanno sapere che i 18 mariani dei pescherecci italiani, Antartide e Medinea, fermati lo scorso primo settembre sono accusati di attività di pesca illegale e subiranno un processo. Ai microfoni di Tgcom24, l’armatore Leonardo Gancitano ha commentato la vicenda: “Abbiamo ricevuto ieri, dopo 15 giorni, una telefonata dal comandante della Medinea. Stanno bene ma psicologicamente non ce la fanno più e quindi chiedono aiuto per fare qualcosa affinché possano essere liberati.
Sull’ultima notizia che riguarda il processo dei marinai, Gancitano “si affida totalmente al governo italiano e alla promessa dal ministro Di Maio di riuscire a risolvere la situazione nel minor tempo possibile riportando a Mazara del Vallo le imbarcazioni e i 18 membri dell’equipaggio sani e salvi” Non è corretto dire che i pescherecci hanno varcato le acque territoriali libiche perché “le acque sono internazionali e la mia speranza è che presto la situazione possa risolversi e che questa vicenda venga ricordata come un brutto incubo”
I due pescherecci, Antartide e Medinea, sono stati sequestrati il 1° settembre dalle autorità libiche a circa 35 miglia a Nord di Bengasi. Oltre agli equipaggi dei due motopesca in cerca del “prezioso” gambero rosso in stato di fermo vi sono anche Giacomo Giacalone e Bernardo Salvo: comandante e primo ufficiale dei pescherecci Anna Madre e Natalino riusciti a sfuggire alla cattura quella stessa serata. Tutti e diciotto i marittimi si troverebbero “ospiti” in una villa mentre i due pescherecci ormeggiati nel porto della capitale della Cirenaica. Tra di loro anche alcuni tunisini imbarcati nei pescherecci.
Secondo alcuni organi di stampa i marinai siciliani sarebbero finiti al centro di una piccola crisi internazionale con risvolti giudiziari: “la marina legata all’esercito del generale Khalifa Haftar che controlla la zona di Bengasi ha avuto ordine dal comando generale, cioè dal generale Haftar, di non rilasciare i pescatori italiani fino a quando 4 calciatori libici imprigionati in Italia non saranno liberati. Ma su di loro pende una condanna a 30 anni di carcere per traffico di migranti. Per mesi le loro famiglie in Libia hanno chiesto la libertà, sostenendo che erano soltanto calciatori, atleti che volevano fuggire in Europa. Giovedì scorso donne, uomini, bambine e bambini si sono presentati al porto di Bengasi con fotografie e cartelloni.
Fonte: Tgcom24.mediaset.it