Permettetemi di intervenire, in punta di piedi e con grande affetto verso la famiglia di Denise, perché colgo con preoccupazione una subdola tentazione: strumentalizzare la tragedia per fare retorica sterile e vuota.
Sarebbe triste, ma anche atroce, utilizzare Denise e il dolore di quella famiglia per crearsi un palcoscenico di visibilità, di consensi, di credibilità. Sarebbe come un rinnovato rapimento e un ulteriore tradimento della Sua innocenza.
Che cosa si vuole dire, quando si dice: “Verità per Denise”? Che cosa si chiede con questa affermazione? A chi si chiede verità? Come si vuole arrivare alla verità?
I proclami altisonanti e le manifestazioni eclatanti forse hanno una loro funzione per portare all’attenzione di tutti il dramma, ma non credo che siano le vie percorribili per raggiungere l’obiettivo della verità. Permettetemi di dubitare!
Se si continua su questa logica, finito il clamore del momento, tutto ritorna nel dimenticatoio e la famiglia di Denise ancora una volta sola con il suo dolore e la sua tragedia, alla ricerca della vera verità, così come è avvenuto in questi lunghi anni.
Io credo che, aldilà di quanto ha affermato la giustizia umana, tutti conosciamo la verità su Denise, ormai è a tutti nota, non solo quello che è successo ma anche il perché è successo.
Allora, la domanda da porsi, come cittadinanza, come chiesa, come popolo italiano, come uomini e donne civili, è un’altra: come è stato possibile che una bambina venga rapita e i suoi rapitori restano impuniti? Come può una società civile sopportare una tale umiliazione?
Attenzione, non voglio spostare l’attenzione sui giudici e gli investigatori, che forse hanno commesso degli errori e delle inadempienze, ma sull’omertà che vige dentro la nostra cultura e che di fronte al male fa tacere e girare il volto dall’altra parte. Una omertà che ci rende tutti complici dei malfattori.
Io, come cittadino di Mazara del Vallo, come prete di questa Chiesa, come italiano, chiedo perdono alla famiglia di Denise, perché in tutti questi anni siamo stati lontani dalla sua tragedia e dal suo dolore. Abbiamo guardato a distanza e soprattutto non siamo stati in grado di mettere in atto un’azione educativa che faccia indignare e operare alla ricerca del vero e del giusto.
Più che proclami e manifestazioni servono educatori civili ed ecclesiali, che accompagnino tutta la nostra società a maturare una consapevolezza di corresponsabilità reciproca, soprattutto verso i piccoli e i più fragili.
Educatori, che facciano riscoprire il valore della vita che nasce e cresce, del perdono e della riconciliazione, della fraternità universale, della vera giustizia, dell’educazione, della cultura, dell’accoglienza….
Educatori veri che si mettano in gioco, che con pazienza e tenacia costruiscano le premesse perché tragedie come questa non avvengano mai più.
Da questa immane tragedia dobbiamo tutti imparare che nessuno può dirsi innocente, quando ad un bambino viene fatto del male.
Allora, bisogna progettare una città a misura di bambino, una Chiesa che viva in mezzo al popolo a fianco dei più piccoli e deboli, una società che tiene presente e cerca soluzioni per tutte le sue fragilità, una scuola che non perda nessuno dei suoi alunni, ma che includa e promuova.
Solo dentro questa prospettiva progettuale, ampia ed articolata, le parole “Verità per Denise” hanno un senso vero e non offendono la Sua famiglia.
Don Giuseppe Alcamo