In tutte le parrocchie, anche in quelle meno attrezzate e floride, si trova sempre un piccolo gruppo di persone generose e disponibili, che si fanno carico di accompagnare nella fede i ragazzi e i giovani, spesso in vista dei sacramenti della Iniziazione Cristiana, qualche volta per la crescita permanente o per la celebrazione degli altri sacramenti. Almeno questa è la mia esperienza.
I catechisti sono figure note a tutta la comunità parrocchiale, che godono la fiducia sia del parroco che presiede la comunità, sia delle famiglie che affidano i loro figli alla comunità, sia dei ragazzi e giovani che inizialmente li incontrano con una certa riluttanza e che poi diventano i loro amici e confidenti.
La Chiesa nel suo cammino postconciliare li ha definiti: testimoni, insegnanti, educatori, missionari, accompagnatori, formatori, evangelizzatori, animatori… Una identità molto ampia che apre ad un servizio sempre riconosciuto come prezioso e necessario per la vita delle comunità ecclesiali.
Che pena, qualche volta, constatare che alla generosità delle singole persone non corrisponde un significativo impegno della Chiesa locale per la loro adeguata formazione. Che pena, rendersi conto che coloro che dovrebbero valorizzare per costruire, con superficialità e grossolaneria, abbandonano a se stessi le persone, non riconoscendo la specificità del loro servizio.
Papa Francesco, con un documento solenne chiamato “Motu proprio”, dal titolo “Antiquum Ministerium”, riporta al centro della vita ecclesiale il servizio alla parola di Dio e all’uomo, che i catechisti svolgono.
Francesco scrive che i catechisti dovranno essere uomini e donne di fede profonda e maturità umana, partecipare attivamente alla vita della comunità cristiana, essere capaci di accoglienza, generosità e vita di comunione fraterna, essere formati dal punto di vista biblico, teologico, pastorale e pedagogico.
Possiamo dire che per essere catechisti bisogna lasciarsi coinvolgere totalmente in una relazione d’amore, verso Gesù e verso la Chiesa, perché l’annuncio del Vangelo è il grido dell’innamorato, di colui che non può contenere la gioia che porta in cuore.
In cosa consiste questa relazione d’amore?
– Prima di tutto, avere familiarità con Lui. La prima cosa per un discepolo, è stare con il Maestro, ascoltarlo, imparare da Lui. E questo vale sempre, è un cammino che dura tutta la vita.
– Il secondo elemento, è questo: essere discepoli di Cristo significa imitarlo nell’uscire da sé per andare incontro all’altro. Perché chi mette al centro della propria vita Cristo si decentra! Più ti unisce a Gesù e Lui diventa il centro della tua vita, più Lui ti fa uscire da te stesso, ti decentra e ti apre agli altri.
– Il terzo elemento sta sempre in questa linea: ripartire da Gesù significa non aver paura di andare con Lui verso coloro che sono più lontani e distratti, che lo cercano senza sapere come e dove.
Francesco chiede di rimettere al centro l’annuncio del Vangelo e di investire, economicamente e con persone qualificate, per la formazione dei catechisti.
Forse, anzi senza forse, siamo troppo rassegnati e decentrati dal primato della catechesi nella vita della Chiesa locale. Le sollecitazioni di Papa Francesco ci invitano a ritrovare l’entusiasmo catechetico dell’immediato post concilio.
Don Giuseppe Alcamo