Sommersi da questo mare di solitudine annaspiamo in cerca di un’ancora che possa darci un sostegno, che possa farci riprendere fiato. Anche se fra pochi giorni saremo più liberi di muoverci realizziamo che sarà sempre una libertà vigilata. Non ci sentiamo al sicuro, la paura non ci abbandona e i nostri passi vacillano in attesa di certezze.
Sentiamo in certi momenti venire meno le nostre forze e si affievolisce quell’ iniziale gagliardia contro un virus che al più presto avrebbe tolto il disturbo e che invece girovaga ancora.
In questo impossibile ritorno alla spensieratezza di prima si impadronisce di noi la malinconia, quell’afflizione dell’anima, come la definivano gli antichi, oscillante fra un passato perduto e un futuro incerto. Non è tristezza perché ci proponiamo tenacemente di essere positivi, è malinconia e connota costantemente le nostre giornate. E allora ci dedichiamo alla cucina, alla pulizia, al PC, alla TV, allo smartphone, ma l’anima? L’anima esige di più, esige l’essenza. Esige abbracci avvolgenti, baci, figli, nipoti,fratelli,sorrisi, strette di mano, il caffè con gli amici, la gioia di vedere gli altri, avvicinarsi e parlare,parlare,parlare. Sogniamo di camminare a braccetto con nostra figlia e con lei osservare le vetrine e i monumenti e le fontane e quei particolari che ci procuravano fragorose risate.
Il lato positivo della medaglia è questo ritrovato connubio coniugale che cementa la coppia e accresce l’affettività ma sappiamo che un dialogo, dopo due mesi, diventa ripetitivo e non placa quella voglia di scambiare opinioni e di ampliare la nostra visuale. Cosa potrei rispondere a mio marito che mi parla del Milan? Cerchiamo allora spazio nelle lunghe chiacchierate al cellulare, ci tuffiamo affannosi nelle videochiamate con i figli come se un freddo schermo potesse compensare il calore della vicinanza fisica, l’effetto dell’odore della pelle, la sensazione di uno sguardo o di una carezza, la bellezza di un bacio!!!!! Come stai? Cosa mangi? Cosa vedi in TV? E quando chiudi senti un vuoto nello stomaco e ti senti peggio di prima. Resistere è il nostro motto ma ci sentiamo spenti, inerti, abulici. La nostra febbrile esistenza ha subito una battuta di arresto inaspettata e il tempo da sbrigliato e frenetico si è così trasformato in scialbo,opaco,cereo, banale che stentiamo a crederci. Sentiamo uno scatto di ribellione e lo domiamo pensando che presto ne usciremo oppure ci chiudiamo nel nostro io, a tu per tu con lui come non abbiamo mai fatto. Quasi paurosi! Lo desideravamo da tempo ma poi non era mai così importante! Facciamo bilanci,ci adagiamo su dolci ricordi,ci rattristiamo per momenti che non avremmo mai voluto vivere, ci emozioniamo per tutto ciò che di bello abbiamo vissuto, analizziamo i nostri desideri e progetti. Rivediamo la nostra vita come in un film. I giochi da bambina ai giardini pubblici, le prime uscite con le amiche, il Liceo con quei professoroni seri e anziani, il tempo universitario, il matrimonio, l’immensa gioia della nascita dei figli, il sorriso della mamma, le grandi soddisfazioni dei figli, i dolci nipotini, tanti tanti ricordi che non basterebbe un romanzo. Alla fine del mio film come per incanto arriva lui, il mio caro Liceo dove ho insegnato per venti anni, dove ho formato e mi sono formata come docente e come donna. Mi bagna la guancia una calda lacrima come caldo è ancora quel ricordo. Di colpo mi rivedo in classe in mezzo ai miei alunni. Nei loro visi si dipinge la curiosità, gli occhi fissi su di me mentre spiego la novella di Pirandello Ciàula scopre la luna. Il ragazzo minatore, affranto dalla stanchezza, sta per uscire dalla miniera ma teme disperatamente il buio della notte. Leggo ad alta voce rivolta ai ragazzi: “Appena sbucato all’aperto sbalordito. La vide. Grande, placida come in un luminoso oceano di silenzio gli stava di faccia la luna. Si sapeva che cos’era ma come tante cose si sanno, a cui non si è dato mai importanza. Ora, ora soltanto sbucato dal ventre della terra egli la scopriva. Estatico, cadde a sedere. Eccola, eccola la luna. C’era la luna! La luna! E Ciàula si mise a piangere senza saperlo, senza volerlo,dal gran conforto,dalla grande dolcezza che sentiva nell’averla scoperta col suo ampio velo di luce e non aveva più paura nella notte ora piena del suo stupore.” Finisco di leggere e scorgo occhi lucidi di commozione. Anch’io mi commuovo.
Questo è uno dei tanti flashes di quella vita che non mi appartiene più ma che sento ancora viva dentro di me. E’ un vuoto che stenta a ricostruirsi, un vuoto inondato improvvisamente dalla paura del virus.
L’altra sera desiderosa di respirare aria fresca affannosamente ho fatto le scale per salire in terrazza, per sbucare fuori dalla prigionia. L’odore e la vista del mare buio mi hanno pervaso subito procurandomi una sensazione di piacere, all’improvviso eccola la luna. C’era la luna! Placida come in un luminoso oceano di silenzio. C’era sempre stata ma come tante cose si sanno e non gli si dà importanza. Estatica caddi a sedere proprio come Ciàula. Eccola! Eccola la luna! E senza volerlo mi misi a piangere dalla grande dolcezza che sentivo nell’averla scoperta e non avevo più paura della notte! Fu l’attesa della rinascita, fu il simbolo della speranza, fu la luce che rischiara il cammino accidentato, fu il miracolo!
Rosanna Catalano