Nuova stretta dell’Europa sulla pesca, settore che in Sicilia è da diverso tempo in crisi. La Commissione europea ha deciso: bisogna ridurre le giornate di pesca nel Mediterraneo. Una riduzione graduale e progressiva, ma consistente. Al taglio dell’attività di pesca pari al 10% stabilita per il 2020 si è aggiunta quest’anno un’ulteriore riduzione del 10%. Ed entro il 2024 il 40% della pesca a strascico dovrà essere abolito. È ciò che prevede il compromesso raggiunto dal Consiglio dell’Unione Europea a seguito di un lungo negoziato con la Commissione Ue.
L’obiettivo è quello di tutelare il mare e le sue risorse, il rischio è di affondare il settore della pesca.
Ne è convinta l’Alleanza delle Cooperative Italiane pesca, che dichiara lo stato di agitazione della categoria e indice, con l’appoggio delle organizzazioni di settore francesi e spagnole, una giornata nazionale di protesta. Oggi manifestazioni a Mazara del Vallo e a Venezia, così unendo idealmente nord e sud nella battaglia alle politiche marittime europee.
Politiche che suonano come una dichiarazione di guerra alla fiera ittica. Anzi, come una “persecuzione ideologica”, secondo le parole dell’Alleanza delle Cooperative pesca, che costringerà le imprese ittiche a una “sicura estinzione”. “Bisogna salvarle”: è questo l’appello dell’Acip che denuncia le scelte dell’Europa, colpevole, secondo l’organizzazione, di accanirsi contro un settore che è già stata colpito duramente dalla demolizione della flotta (oltre il 16% nell’ultimo decennio) e che è in forte sofferenza per le pesanti ripercussioni della crisi pandemica, con un calo del fatturato del 40% rispetto al 2019.
L’affondo decisivo con il piano di Bruxelles, che “metterebbe seriamente a rischio migliaia di imbarcazioni dei nostri pescatori, impossibilitati a raggiungere la sostenibilità economica necessaria a proseguire l’attività”, avverte il presidente dell’Associazione Pescatori Italiani, il siciliano Antonino Algozino. Gli fa eco Pietro Bartolo, eurodeputato siciliano del Pd e membro della Commissione Pesca a Bruxelles, secondo cui l’errore è addebitare lo stato degli stock ittici interamente alle attività di cattura, senza considerare i cambiamenti climatici e le altre fonti di impatto, “come i trasporti marittimi, i versamenti dalla terraferma, l’inquinamento da plastiche e microplastiche”.
Eppure, lo stato degli stock ittici nel Mediterraneo preoccupa. Secondo la Commissione europea il 91% sono sovrapescati, con una percentuale che balza al 96% per gli stock “demersali” (che sostano sul fondale) tra cui nasello, triglia e gambero rosa. Una percentuale altissima, denunciata da Greenpeace e Wwf Italia, che fa crollare i paesi del Mediterraneo all’ultimo posto nella classifica europea. E “l’Europa non può rimanere ferma a guardare lo spopolamento dei nostri mari”, ammonisce Xavier Pastor, direttore esecutivo di Oceana, l’organizzazione internazionale per la conservazione dell’ambiente marino, che saluta il piano europeo di pesca sostenibile come “un passo considerevole verso la gestione corretta delle risorse della pesca”.
La redditività delle imprese da un lato, la tutela delle risorse ittiche dall’altro. L’equilibrio è precario. La sopravvivenza del settore, oggi, ancor di più.
Fonte: Palermo.repubblica.it – Irene Carmina