La Corte di Assise di Palermo ha condannato a pene comprese tra 8 e 28 anni di carcere per la cosiddetta trattativa Stato-Mafia gli ex vertici del Ros Mori, Subranni e De Donno, l’ex senatore Dell’Utri, Massimo Ciancimino e i boss Bagarella e Cinà.
La Corte d’Assise di Palermo ha anche assolto dall’accusa di falsa testimonianza l’ex ministro democristiano Nicola Mancino. Prescritte le accuse nei confronti del pentito Giovanni Brusca. Condannati tutti gli altri imputati.
Al dibattimento, cominciato nel 2013, erano imputati gli ex vertici del Ros Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, i boss Antonino Cinà e Leoluca Bagarella, l’ex senatore di Fi Marcello Dell’Utri, il pentito Giovanni Brusca, accusati di minaccia a Corpo politico dello Stato, Massimo Ciancimino, che rispondeva di concorso in associazione mafiosa e calunnia e l’ex ministro Nicola Mancino, accusato di falsa testimonianza.
Al centro del dibattimento il presunto patto che pezzi delle istituzioni, nel ’92, tramite i carabinieri, avrebbero stretto con Cosa nostra per fare cessare le stragi. Il verdetto è stato pronunciato nell’aula bunker del carcere Pagliarelli.
A rappresentare l’accusa, fra gli altri, il Pm Nino Di Matteo che su questo processo ha puntato una parte consistente della propria carriera. Nelle fasi iniziali fra gli accusatori c’era anche l’allora Pm Antonio Ingroia che ha, poi, lasciato la magistratura scegliendo la carriera politica. Una scelta che voci di corridoio sempre smentite hanno a tratti affibbiato anche allo stesso Di Matteo rimasto, invece, sempre in magistratura.
Il processo ha vissuto momenti anche particolarmente sensibili quando sono state richieste testimonianze anche all’allora capo dello Stato solo per ricordare uno dei momenti clou del procedimento.
Il collegio della corte d’assise di Palermo presieduto da Alfredo Montalto (giudice a latere Stefania Brambille) è rimasto in camera di consiglio da lunedì mattina fino a venerdì pomeriggio per decidere sui nove imputati.
Per tutti, i pubblici ministeri Nino Di Matteo, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi avevano chiesto delle condanne, a vario titolo: 15 anni per l’ex generale Mario Mori, 12 per l’ex generale Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno, 12 anni anche per Marcello Dell’Utri.
Per l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, la procura aveva sollecitato una condanna a 6 anni. Una condanna era stata sollecitata anche per i mafiosi: 16 anni per Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Riina, 12 per Antonino Cinà.
Una richiesta dello stesso tenore era arrivata pure per l’imputato principale di questo processo, l’artefice della strategia stragista, il capo di Cosa nostra Salvatore Riina, che è morto a dicembre. Per il super testimone del processo, Massimo
Per Ciancimino, accusato di calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia Gianni Di Gennaro, la procura aveva chiesto 5 anni (la prescrizione, invece, per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa). Prescrizione anche per il pentito Giovanni Brusca.
(Fonte: Blogsicilia.it)