I nunzi apostolici, gli ambasciatori del Papa, raramente danno interviste. Fanno un lavoro oscuro, diplomatico, di raccordo, e parlano solo in situazioni difficili. L’arcivescovo Vito Rallo, dal 2015 ad oggi nunzio apostolico in Marocco, ha accettato di farlo all’indomani dell’annuncio della sua messa a riposo a 70 anni, un privilegio che solo i diplomatici vaticani possono avere (per tutti, l’età della pensione è di 75 anni).
L’arcivescovo Rallo ci tiene a precisare che la sua richiesta di andare a riposo è dipesa da questioni di salute, e non certo dalla non volontà di continuare a servire la Santa Sede. Ma, soprattutto, ripercorre in questa intervista i suoi anni in Marocco, culminati con la visita del Santo Padre nel 2019.
Dal 2015 è nunzio apostolico in Marocco. Durante questi anni ha avuto anche la gioia di accogliere un Papa nel Paese. Quale è il bilancio di questa missione diplomatica?
Il Santo Padre, Papa Francesco, mi nominò Nunzio Apostolico nel Regno del Marocco il 12 dicembre 2015, dove arrivai il 16 gennaio 2016, nel mese di marzo presentai le Lettere credenziali a S.M. Mohammed VI, Amir Al Mouminine, Re del Marocco. Questi sette anni e mezzo trascorsi inserito in una immensa comunità di musulmani sunniti, rappresentando il Santo Padre presso una piccola comunità cattolica di 30000 fedeli, mi hanno permesso di prendere coscienza che si può vivere, lavorare ed essere rispettati da una grande e fiera comunità musulmana, che pratica l’islam del giusto mezzo e di scuola malachite, una delle quattro scuole giuridiche dell’islam sunnita, fondata da Malik ibn Anas (morto nel 795).
Che tipo di Islam è quello praticato in Marocco?
L’islam praticato in Marocco permette a musulmani, ebrei e cristiani di vivere insieme nel rispetto reciproco, nella collaborazione della vita quotidiana, nella stima e anche nell’amore fraterno. Sono del parere che sia opportuno parlare del ruolo del Sovrano, che ha il titolo di Amir Al Mouminine, cioè il Comandante dei credenti, ed essi sono musulmani, ebrei originari del Marocco e cristiani. Il Re del Marocco, in quanto Amir Al Mouminine, è il garante della libertà dei culti e permette alle tre comunità che si richiamano ad Abramo, o alle religioni del Libro, di vivere insieme nel massimo rispetto e amore fraterno.
Questa convivenza funziona?
Ho visto personalmente, visitando anche località fuori dai circuiti turistici, come i marocchini vivono questi principi e dicono pubblicamente siamo tutti uguali, fratelli nella fede in un solo Dio.
La comunità cristiana, come spesso dice il Cardinale Cristóbal López Romero, Arcivescovo di Rabat, è “Una Chiesa insignificante … ma significativa. Una Chiesa a servizio del Regno di Dio. Una chiesa incarnata in Marocco. Una Chiesa del dialogo e di incontri. Una Chiesa samaritana. Una Chiesa ponte. Una Chiesa appassionata ed appassionante. Appassionata di Cristo e del Marocco; appassionante per la nostra testimonianza per tutti coloro che ci visitano e che ci conoscono per la prima volta. Benvenuti in questa Chiesa che è la nostra, che è la tua!”
Dunque, quale il suo bilancio?
Al termine della mia missione diplomatica in Marocco, penso che il bilancio che umilmente posso fare potrebbe essere considerato positivo sia per i passi in avanti svolti in favore del dialogo interreligioso, sia per la visita apostolica del Santo Padre in Marocco, sia per avere presentato al Santo Padre le terne per le nomine dei due Arcivescovi di Rabat e di Tanger, che hanno la responsabilità pastorale della piccola comunità cattolica che vive in Marocco.
In che modo si ricorda oggi la visita del Papa in Marocco ?
Quest’anno la festa tradizionale del Papa, il 29 giugno, coincideva con l’Eid al Adha la festa del sacrificio che la comunità musulmana si appresta a celebrare con grande solennità. Il 2 luglio c’è stata una grande Concelebrazione Eucaristica nella Cattedrale di Rabat, alla quale hanno partecipato i due Arcivescovi, rappresentanti delle comunità religiose, Corpo diplomatico, e una numerosa assemblea di fedeli per ricordare il 10.mo anniversario di Pontificato di Papa Francesco e per pregare per il Santo Padre. Sempre a causa della coincidenza con la festa del sacrificio, il ricevimento diplomatico è stato posposto al 12 luglio.
Quale è stato l’impatto della visita di Papa Francesco a Rabat?
L’impatto della visita del Santo Padre in Marocco è stato molto positivo e ancor oggi molte persone ne parlano. S.M. il Re ha invitato Papa Francesco a compiere una visita ufficiale in Marocco, che si è concretizzata il 30 e 31 marzo 2019. L’accoglienza che il Sovrano e il popolo marocchino hanno riservato al Santo Padre è stata a dir poco fantastica: le strade erano ricolme di una grande folla di 250.000 persone che hanno accolto il Santo Padre, che dall’aeroporto si recava nell’esplanade de la Tour Hassan per il discorso da tenere davanti a 16.000 persone. In quello luogo, solenne e simbolico, il Re del Marocco e il Santo Padre pronunziarono discorsi fondamentali per il dialogo interreligioso.
Perché fondamentali?
Il Re del Marocco nel suo discorso, considerato dagli esperti un perno fondamentale per il dialogo interreligioso in Marocco, tra altro affermò: “Il dialogo tra le religioni abramitiche è chiaramente insufficiente nella realtà di oggi. Nel momento in cui i paradigmi si trasformano, ovunque e su tutto, anche il dialogo interreligioso deve cambiare. Il dialogo basato sulla “tolleranza” ha richiesto un tempo molto lungo e articolato, senza tuttavia raggiungere il suo fine. Le tre religioni abramitiche non esistono per tollerarsi, per rassegnazione fatalistica o accettazione altezzosa. Esse esistono per aprirsi l’una all’altra e per conoscersi, in una coraggiosa gara per farsi del bene a vicenda…Per far fronte al radicalismo, la risposta non è né militare né finanziaria; ha un solo nome: Istruzione…È tempo che la religione non sia più un alibi per gli ignoranti, per questa ignoranza, per questa intolleranza. La spiritualità non è fine a sé stessa. La Nostra fede si traduce in azioni concrete. Essa ci insegna ad amare il nostro prossimo. Ci insegna ad aiutarlo. È una realtà essenziale: Dio perdona. Perché Dio è misericordia, abbiamo posto la generosità e l’indulgenza nel cuore della Nostra azione. Poiché Dio è amore, abbiamo cercato di rendere il Nostro regno una testimonianza di prossimità, al capezzale dei più poveri e più vulnerabili”.
Fonte: acistampa.com